mercoledì 6 febbraio 2008

METALLICA


La battaglia della ruggine, il mordere dell’acido, la materia che crepita e la pittura e il gesto che la inseguono e la guidano.
Gianni Atzeni, tormenta le sue lastre ferrose con gocce di acido muriatico, spegne con l’acqua il suo bollire, traccia i confini delle forme anarchiche che corrono sulle superfici corrose e ustionate.
Le piastre di lamiera rispondono alla provocazione d’artista trasformandosi in abissi marini e deserti spaccati, in lande lunari, in aspri notturni paesaggi marziani. Scurissimi azzurri, verdi vegetali di fondali oceanici, gialli sabbiosi attraversati da improvvise barriere e subitanei arresti.
Su questo mondo non più minerale e non ancora organico, l’autore traccia luminosi segni che portano fuori il cuore lucido del metallo, messo a nudo dall’argentea serpentina incisa velocemente dal trapanino, dai grafi setosi della fresa.
Cascate di stelle, astri raggianti, alghe giganti in movimento endogeno delle loro basi ferrigne. Con tempi e tecniche da incisore,
Gianni Atzeni, osserva la reazione degli elementi come spiasse su vetrini da laboratorio il fibrillare di cellule, spore, muffe, il disporsi di forme di vita infinitesimale e ardente. Corrugate e telluriche, le lastre disegnano tra grumi e pause la faccia di un pianeta misterioso, spingono in un angolo l’energia bruna della ruggine che affronta la delicata invasione di inchiostri da stampa stesi col tampone.
Dall’antitesi iniziale all’equilibrio di macchie vaganti catturate da un laccio zigrinato, di linee ondulate che inseguono sulle opere i percorsi di un processo spontaneo ricondotto dentro la griglia razionale della composizione pittorica.
Presentazione di Alessandra MENESINI
Le tecniche sperimentali, con le quali Gianni Atzeni, si è misurato dagli anni settanta ad oggi, spaziano dalla pittura alla scultura fino ad arrivare all’installazione, attraverso le quali ha sostenuto tematiche sature della più incontaminata spiritualità che trovano la loro migliore espressione nella ricerca polimaterica; ciò nonostante l’ambito prediletto dall’artista è indubbiamente quello della sperimentazione calcografica. Le prime esperienze in merito si svolgono nella Stamperia l’Aquilone per approdare agli Stage di Incisione Avanzata, tenuti da Oscar Manesi all’ExMà di Cagliari, fino allo svolgimento di alcuni Seminari di Tecniche Calcografiche presso l’Università di Cagliari.Liberate dalla loro funzione di matrice, le lastre metalliche in mostra, talvolta “cucite” tra loro, vengono aggredite e logorate da gocce d’acido muriatico grazie al quale affiorano superfici che, perdendo di rigidità e austerità, rivelano infiniti microrganismi. Deteriorate dalla ruggine, increspate dalla morsura, memori delle Muffe burriane, le lastre sono impetuosamente solcate da primordiali forme, frutto di una gestualità istintiva che trova le proprie radici nel più profondo inconscio.Talvolta è possibile intravedere sistemi solari che emergono da fondali scuri, superfici planetarie illuminate da brillanti raggi solari, realizzati con l’uso di frese e trapani. In alcuni casi utilizza inchiostri da stampa, raschiati e talora raggrumati, dai quali traspaiono fantastici paesaggi scrutati dall’alto; residui cromatici si allargano ad invadere superfici intaccate e lacerate dai pungenti acidi per dare vita ad ancestrali codici.Muovendosi dalla contrapposizione tra microcosmo e macrocosmo, l’essenza poetica di Atzeni, approda ad un linguaggio arcaico, esternato con la più pura spontaneità formale, reminiscente di lontane esperienze intensamente vissute.
Recensione di Roberta VANALI